venerdì 30 maggio 2014

Stress e ansia, sintomi e soluzioni.

Se c’e’ soluzione perché ti preoccupi? 
Se non c’é soluzione perché ti preoccupi?
(Aristotele)


Il termine stress è stato utilizzato originariamente in fisica e in ingegneria, per indicare un peso o una forza che agiscono su un punto specifico di un oggetto. Questa pressione, genera una risposta che può essere elastica, plastica, o addirittura portare alla rottura dell’oggetto. Questo concetto è stato successivamente ripreso e introdotto in psicologia da selye, verso la metà degli anni 50. Egli semplicemente sostituisce l’oggetto con una persona e il carico stressogeno con un problema rilevante che pesa su di essa. Come nella fisica questo peso costante può causare diversi possibili esiti, 3 in particolare. Una flessione elastica che certo grava sulla persona ma che poi porta alla risoluzione del problema iniziale, una flessione plastica che porta il soggetto a rimanere inerme, abituandosi gradualmente e sopportare il carico, o alla rottura, che rappresenta l’incapacità o l’impossibilità di risolvere il problema e può portare all’instaurarsi di una psicopatologia come ad esempio della depressione. 

Quindi possiamo trovare sottoposte ad un medesimo carico stressogeno, spesso rappresentato da un problema di difficile soluzione, diverse tipologie di persone che a lungo periodo reagiscono in maniera profondamente diversa alle stesse problematiche. Posso quindi avere una persona flessibile, abituata a gestire situazioni diffici che si adatterà allo sforzo. Certo magari sarà agitata, non dormirà la notte, avrà paura, sentirà la tensione, ma metterà in atto delle tentate soluzioni, che noi definiamo funzionali, che portano cioè, malgrado le avversità, alla risoluzione del problema. Questo è quello che Selye definisce eustress, ciò lo stress positivo, che mi attiva per farmi essere più efficiente. Dall’altra parte troviamo coloro che vanno in contro alle medesime reazioni fisiologiche di attivazione, ma che le veicolano adottando tentativi di soluzione disfunzionali, cioè non adatti alla risoluzione del problema. Come capirete dopo aver combattuto e resistito a lungo, arrivare infondo e comprendere che tutti i nostri sforzi sono stati controproducenti, può scatenare sentimenti d’incapacità e rinuncia.

Ma perché lo stress e l’ansia, che si accendono quando siamo sottoposti a lunghi periodi di pressione, sono così importanti dal punto di vista psicologico? Perché al di la degli aspetti fisiologici di attivazione, queste forti sensazioni hanno alla base una gestione mal riuscita delle proprie emozioni, in particolare della paura e della rabbia e a lungo andare possono innescare delle vere e proprie psicopatologie.

Va però prima di tutto chiarito che certe emozioni come l’ansia, che anticipa certe situazioni che possono essere percepite come pericolose o che comunque hanno come sensazione di base la paura, non sono dannose, ansi rappresentano in realtà un buon alleato per la risoluzione del problema emergente. Tutto viene innescato dai sistemi automatici interni che attivano fisiologicamente il nostro organismo, tramite la produzione di neuromediatori specifici. Questa iperstimolazione ci permette di accendere tutte le nostre risorse per poterle poi veicolare alla risoluzione dell’evento emergente che mi trovo ad affrontare. Per fare un esempio, prendiamo una situazione di stress estremo, immaginiamoci un uomo che passeggia tranquillamente in un bosco in una bella giornata di sole, improvvisamente, si gira e gli si para davanti un orso infuriato, qual è la reazione immediata del malcapitato? Esattamente la reazione di attivazione che dicevamo prima, la sua attenzione grazie alle reazioni interne viene immediatamente veicolata verso l’oggetto stressogeno, automaticamente il corpo produce neuromediatori che attivano tutte le risorse fisiche e mentali per risolvere nell’immediato il problema. Quindi il respiro diventa più affannato per apportare più ossigeno all’organismo, l’adrenalina prodotta in modo massiccio aumenta i battiti cardiaci per far defluire più sangue ai muscoli così da prepararli ad un eventuale fuga, la dopamina agisce sul cervello stimolandolo e spingendolo a “rallentare la percezione del tempo” così da poter escogitare all’istante un piano d’azione. Insomma il nostro corpo riesce, con degli automatismi interni, ad attivare tutte le nostre potenzialità fisiche e mentali, per far fronte al problema che ci troviamo costretti ad affrontare. Quindi tutte queste sensazioni in realtà sono essenziali per il nostro corretto confronto con il mondo, lo stress, la paura, ci devono essere, fa parte del nostro corredo genetico, del nostro essere uomini. Vi immaginate la stessa persona che davanti ad un orso infuriato rimane impassibile, vi lascio immaginare la sua sorte…

L’ansia, la tensione, lo stress, sono quindi emozioni che tendono ad attivarci positivamente nell’immediato, ma se protratte per molto tempo vengono percepite con disagio. Chiunque ha provato certe sensazioni prima di un momento importante come ad esempio prima di un esame. Ma perché certe situazioni ci tengono in tensione? Abbiamo detto che l’emozione emergente in questi contesti è la paura che può essere rivolta sia verso gli altri che verso se stessi. Quindi la paura di essere giudicati, e di non essere in grado di affrontare la situazione. Quest’ultimo aspetto è quello che viene definito da Bandura auto efficacia percepita o senso di resilienza. Questo termine definisce la percezione di noi stessi rispetto alle proprie capacità di riuscire. Da cosa dipende tale senso autocritico? In realtà da diversi fattori, dal contesto socio-economico, dalla personalità, dalla cultura, ma forse più di tutto dall’esperienza e dall’aver sperimentato, essersi messi alla prova e naturalmente essere riusciti a superare l’ostacolo. In effetti come comprenderete, riuscire mi spinge a riprovare, superarmi e fare ancora meglio. Al contrario fallire mi spinge a percepirmi come incapace, non all’altezza, e difficilmente tenterò di nuovo. Tutto ciò perché ho paura di fallire nuovamente e il mio senso di resilienza si abbasserebbe ancora di più. Vi sembrerà strano ma questi meccanismi sono proprio quelli che spesso e volentieri innescano i disturbi depressivi. Quando i miei reiterati tentativi di soluzione in un ambito specifico risultano inefficaci ecco che arrivo a rinunciare perché sono incapace, il senso di frustrazione può travolgermi facendomi percepire come inadeguato ad affrontare altre situazioni simili e così via finché non mi sentirò più in grado di affrontare e pertanto neppure di escogitare soluzioni alternative. Letteralmente mi romperò schiacciato dai problemi che non riesco a risolvere.

L’altra emozione associata allo stress che se mal gestita nel lungo periodo può causare forti problemi è la rabbia. Psicologicamente questa emozione prende rilievo perché ha un forte potere socio-relazionale, soprattutto quando viene espressa e quindi esternata. Come potete comprendere arrabbiarsi con qualcuno alzando la voce, per fargli cambiare punto di vista non è una buona soluzione, può portare solo due possibili esiti. Una escalation di rabbia in cui i due si scatenano litigando e alzando sempre più la voce al fine di imporre la propria opinione, oppure a ad una chiusura dell’interlocutore che rimane fermo nella sua posizione causando nell’altro frustrazione e rimuginio mentale. Naturalmente in entrambi i casi si ottiene aversione verso l’altro e ciò è nocivo soprattutto quando l’altro e un amico, un parente, un collega, un superiore…

La rabbia però non è dannosa solo quando viene espressa ma anche quando viene repressa. Succede quando siamo arrabbiati o per qualcosa per cui non posso farci niente o con qualcuno con il quale non mi posso arrabbiare. Magari il capo per cui ci rimetterei, o un parente che ho paura di ferire. Quindi accumulo rabbia ancora e ancora, ogni giorno di più. Ogni recipiente seppur capiente si riempie e gli esiti dell’accumulo interno di anni di rabbia, li troviamo spesso nella cronaca nera; brava persona, non faceva male a una mosca, poi di punto in bianco stermina tutta la famiglia, il tipico vaso che trabocca una volta passato l’orlo.

E’ interessante domandarsi perché queste emozioni sfuggano dal controllo del nostro raziocinio, perché arriviamo ad arrabbiarci con qualcuno, perché l’ansia e la paura mi bloccano?

La ragione alla base di questa discrepanza tra emozione che si accende e ragione che non riesce a gestirla, sta nel modo stesso in cui è fatto il nostro cervello. Le emozioni si originano infatti nel sistema limbico, una struttura cerebrale, propria di tutti i mammiferi, posta proprio sotto la corteccia cerebrale, che permette di contare, parlare, essere consapevole di se stesso, di avere un dialogo interiore, ecc… Solitamente queste strutture lavorano all'unisono, ma quando entrano in conflitto, magari perchè la sensazione d'ansia supera certi livelli, ecco che il flusso di pensieri smette di essere fluido, facendomi concentrare su me stesso invece che sulla situazione che richiede la mia attenzione, le mani sudano, i muscoli si irrigidiscono, la pancia comincia ad inviare forti segnali di disagio. Si instaura la tipica situazione in cui l'attivazione fisiologica e mentale è talmente forte da divenire un ostacolo invece che una risorsa.

Abbiamo fin qui osservato due tipologie di persone: gli elastici che si sanno adattare alle asperità e arrivano a risolvere il problema, e coloro che si rompono sopraffatti dalla rabbia e dalla paura. La terza tipologia è rappresentata dai plastici. A differenza degli altri queste persone reagiscono alla pressione costante adattandosi mentalmente. Quindi non risolvono il problema, non si rompono, ma rimangono costantemente schiacciati dalla pressione costante. Psicologicamente, almeno a livello "funzionale" non hanno grossi problemi o sofferenze interne, ma il problema si ripercuote invece sul fisico in particolare con quelle che vengono definite somatizzazioni. Quindi perdita di capelli, eczemi, psoriasi, gastriti ecc. In realtà i malesseri fisici sono provocati da un forte malessere interno che però per cause di forza maggiore sono costretti a sopportare. Se ad esempio sono costretto a fare un lavoro che odio, ma visti i tempi economicamente turbolenti sono costretto a tenermelo, ecco che dovrò adattarmi alla pressione costante ma così facendo metterò in moto una serie di fattori fisiologici che porteranno al manifestarsi di un disturbo psicosomatico.

Esistono soluzioni a queste condizioni? Certo che si, come al solito però la soluzione migliore va costruita sulla persona e sul problema. 

La Terapia Breve strategica risulta molto efficace nel trattamento dei disturbi ansiosi, attestando la percentuale di risoluzione completa del problema nell'95% dei casi trattati.

Per approfondire vi rimando all'articolo "Comesi costruisce la soluzione ad un problema psicologico?"




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